Le turbolenze dell'economia globale

La congiuntura sfavorevole condiziona al ribasso le stime di crescita anche per l'Italia

  • 13 Maggio 2016
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Il 2016 dell’economia globale è iniziato all’insegna di un minor slancio rispetto alle aspettative e con evidenti segni di indebolimento dovuti ai crolli delle Borse, dei prezzi delle materie prime e alla rivalutazione del cambio effettivo dell’euro. Se a questo aggiungiamo il referendum su Brexit, la questione migranti e l’instabilità in molti paesi lo scenario in Europa risulta tutt’altro che limpido. Tutto ciò ha intaccato la ritrovata fiducia, aumentando l’incertezza.

Nell’Eurozona i consumi sostengono la domanda interna, con cambio, tassi e costi energetici ancora favorevoli.

L’Italia risente del quadro globale e i dati hanno nuovamente deluso le aspettative positive basate sul netto progresso di indicatori qualitativi e non; banalmente per ragioni aritmetiche, le previsioni sull’anno in corso sono riviste all’ingiù da vari istituti italiani e internazionali.

Pil e produzione avanti adagio

In Italia la dinamica di PIL e produzione nel 4° trimestre 2015 ha deluso le attese. La crescita, che procede  con un ritmo più lento rispetto all’aspettativa, ha indotto l’OCSE ha rivederne al ribasso le stime nel 2016, portandola da +1,4% a +1,0%.

Le indicazioni di inizio anno sono invece contrastanti. Se da un lato, la produzione industriale è cresciuta dello 0,9% e le immatricolazioni di austo son cresciute dello 7%, dall’altro, i servizi ed il manifatturiero sono diminuiti rispettivamente dell’1,7% e del 2,4%.

Dato il miglioramento della dinamica dell’industria rilevato dal Centro Studi Confindustria, si stima che la velocità di aumento del PIL Italia non si rafforzerà nel 1° trimestre 2016 rispetto a quella registrata nell’ultima frazione del 2015.

Nell’Area Euro frenano gli investimenti

La crescita dell’Eurozona nel 2016, che inizialmente procedeva più lentamente ma ancora a buoni ritmi, è stata rivista sensibilmente al ribasso dall’OCSE (a +1,4%, dall’1,8% precedente). Oltre che per l’Italia, la correzione è stata particolarmente significativa per la Germania (-0,5 punti percentuali).

In particolare la contrazione dei prezzi di vendita, al ritmo più rapido da un anno, è indice di forte debolezza della domanda.

Le principali preoccupazioni derivano dal rischio di deflazione che rimane elevato: i prezzi al consumo hanno registrato in dicembre un incremento dello 0,2% annuo (come in novembre).

Petrolio in calo

Il prezzo del petrolio Brent è basso (33,5 dollari al barile in febbraio, 45,1 a novembre) e resterà tale a lungo. Nonostante l’offerta mondiale freni bruscamente , la domanda cresce meno e c’è ancora un eccesso di produzione.

Il ribasso del greggio fa soffrire i paesi petroliferi: nell’OPEC e in Russia sono peggiorate le ragioni di scambio, con un impatto negativo su consumi e import dai paesi avanzati. Negli USA i pozzi in attività sono scesi a 439 a febbraio (1.609 a ottobre 2014), ma l’estrazione di greggio è stabile (9,6 nel luglio 2015).

Il petrolio a basso costo, viceversa, fornisce una spinta alla crescita nei paesi consumatori, come l’Italia (che risparmia 29 miliardi sulla bolletta petrolifera nel 2016, stime CSC). La riduzione dei prezzi energetici contribuisce a tenere l’inflazione vicina a zero.

Lavoro e PIL

Grazie alle misure adottate (decreto Poletti, decontribuzione e Jobs Act) anche il numero delle persone occupate (+0,8%) è cresciuto con la ripartenza economica.  Gli sgravi contributivi e le nuove norme hanno portato ad un aumento dell’occupazione; ad aumentare non sono solo i contratti a tempo determinato ma anche quelli a tempo indeterminato (+80mila unità, dati ISTAT).

Nel 2016 la spesa delle famiglie italiane sarà sostenuta da questi miglioramenti in atto sul mercato italiano, che innescano un circolo virtuoso, rafforzando sia i bilanci familiari sia la fiducia e la propensione a spendere.

Date le numerose trattative di rinnovo dei contratti in corso, si attende una crescita delle retribuzioni superiore a quella dell’inflazione.

L’export Italiano

Già alla fine del 2015 sono calate le esportazioni delle principali economie dell’Area euro: Germania (-1,2%), Italia (-1,8%) e Spagna (-2,3%). Nel 4° trimestre 2015 l’export italiano è comunque aumentato dell’1,7% sul 3° trimestre. In media d’anno la crescita si è attestata al 3,6%, appena sotto quanto previsto dal CSC in dicembre (+3,9%).

L’indebolimento delle vendite italiane è dovuto anche alla frenata della dinamica degli scambi mondiali. I principali istituti, FMI e OCSE, rivedono al ribasso le previsioni sull’espansione del commercio mondiale per il 2016, delineando la prospettiva di una crescita modesta per i prossimi mesi.