Cina, timori e opportunità per i distributori italiani

Le prospettive per i rapporti commerciali tra i due paesi alla luce degli ultimi avvenimenti

  • 9 Luglio 2019
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  • Cina, timori e opportunità per i distributori italiani
    Cina, timori e opportunità per i distributori italiani
  • Tabella - Estratto Market Access Database per la VD 8501
    Tabella - Estratto Market Access Database per la VD 8501

Nelle ultime settimane, i rappresentanti del Governo cinese e dell’Unione europea, oltreché del Governo italiano, si sono incontrati più volte per discutere delle relazioni commerciali tra le parti.

Il 9 aprile 2019, il primo ministro cinese Li Keqiang e i presidenti, rispettivamente, di Consiglio europeo e Commissione europea, Donald Tusk e Jean-Claude Juncker, hanno partecipato al 21° vertice UE-Cina voto all’elaborazione di un programma congiunto per lo sviluppo del partenariato strategico tra le due parti.

Tra i tanti temi affrontati, il commercio è sicuramente uno dei più rilevanti. In particolare, UE e Cina si sono impegnate a favore di un sistema commerciale disciplinato da regole condivise e di una riforma della WTO (World Trade Organization – Organizzazione Mondiale del Commercio), di cui entrambe sono membri attivi.

La membership comune alla WTO garantisce, già oggi, che le relazioni commerciali tra UE e Cina – così come con gli altri stati aderenti – siano disciplinate e conformi all’accordo che sta alla base della WTO, il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade, 1994), il quale detta regole generali volte ad assicurare, pur non violando la sovranità degli Stati, pratiche commerciali leali e non discriminatorie.

Uno dei risultati del GATT è l’applicazione della clausola MFN – Most Favoured Nation (nazione più favorita) nella determinazione dei dazi all’importazione in ciascun Paese. Ciascun membro della WTO deve garantire l’imposizione delle stesse tariffe doganali all’importazione nel proprio territorio a tutti gli altri membri, non potendo stabilire aliquote diverse per prodotti proveniente da diversi Stati. Ciò non vale nei confronti dei Paesi che non sono parte della WTO: ciascuno dei membri è libero di praticare dazi diversi dalle tariffe MFN nei confronti di tali Paesi.

Nella Tabella, è riportato un estratto del Market Access Database (MADB) che riporta le aliquote dei dazi per taluni motori elettrici a corrente alternata e continua della Voce Doganale (VD) 8501; sotto la colonna “MFN”, sono riportati i dazi applicati ai Paesi membri WTO, mentre sotto la colonna “GEN” sono indicati i dazi applicati ai prodotti dei Paesi non facenti parti della WTO.

Nonostante il GATT vincoli gli Stati membri ad attuare politiche e pratiche commerciali nel rispetto del principio di libera e leale concorrenza, talvolta tale obbligo non è osservato. Negli ultimi tempi, è stato spesso constatato che operatori cinesi violassero tale principio, per esempio attuando pratiche di dumping, ossia praticando prezzi nettamente inferiori a quelli di mercato e causando distorsioni nel mercato internazionale. Il GATT prevede, in deroga alla clausola MFN, che gli Stati membri possano attuare specifiche misure per “correggere” tali distorsioni: all’inizio del 2018, per esempio, l’Unione europea ha imposto dazi antidumping sui tubi di acciaio prodotti da alcune compagnie cinesi (Regolamento di esecuzione 2018/186), che vanno a sommarsi, al momento dell’importazione in UE, ai dazi MFN previsti per tali prodotti.

La Cina è protagonista della “guerra dei dazi” intrapresa dagli Stati Uniti, che ha, in parte, colpito anche l’Unione europea. Come noto, l’amministrazione americana ha imposto una serie di dazi aggiuntivi su specifiche categorie di prodotti di origine cinese, tra cui si annoverano diverse linee tariffarie del Capitolo 85.

È opportuno specificare che i dazi aggiuntivi statunitensi si applicano su prodotti di origine non preferenziale cinese a prescindere dalla loro provenienza fisica: un prodotto di origine cinese importato in Italia che qui non subisce alcuna lavorazione che ne modifichi l’origine sarà soggetto al dazio addizionale in USA anche se proveniente dall’Italia.

Per esempio, un distributore italiano importa motori elettrici a corrente alternata  di potenza compresa tra 37.5W e 74.6 W di origine non preferenziale cinese. Tali motori sono classificati al codice statunitense a 8 cifre (HTS US) 8501 20 20; i prodotti ivi ricompresi sono soggetti ad un dazio addizionale del 25% in import negli USA. Pertanto, i motori esportati dal distributore italiano verso gli Stati Uniti dovranno scontare il dazio MFN – corrispondente a 3,3% del prezzo FOB – e il dazio addizionale pari al 25% sul prezzo FOB, poiché  la loro origine non preferenziale (cinese) rimane immutata.

La Cina, a sua volta, ha innalzato i dazi su merce di origine non preferenziale USA, effettivi dal 1° giugno 2019. Già in precedenza la Cina aveva imposto dazi addizionali del 5-10% su prodotti statunitensi; oggi, più di 5000 prodotti USA – principalmente del settore agroalimentare ma vengono colpite anche diverse linee tariffarie dei Capitoli 84 e 85 –  sono soggetti a dazi addizionali all’import in Cina che vanno dal 5 al 25%

La Cina e l’UE sono, inoltre, membri della WCO – World Customs Organization (l’Organizzazione Mondiale delle Dogane) e sono entrambi segnatari della Revised Kyoto Convention (1999), firmata in sede WCO, con lo scopo di armonizzare e semplificare le procedure doganali.

La Revised Kyoto Convention detta i principi generali che vengono recepiti e integrati dalle legislazioni doganali dei Paesi membri. Ciò implica che un medesimo istituto trattato dalla Convenzione, quale il valore in dogana, è disciplinato allo stesso modo in UE e in Cina, seppur normato nel dettaglio indipendentemente da ciascun Paese.

Tra i temi trattati dalla Revised Kyoto Convention, uno dei più importanti è senz’altro quello dei regimi doganali. Infatti, è proprio la Convenzione che stabilisce le regole generali e fornisce la cornice giuridica all’interno della quale i Paesi della WCO si muovono per disciplinare, con la normativa nazionale, tali regimi. Pertanto, la Cina adotta e applica gli stessi regimi e le stesse procedure doganali che sono previste dalla normativa doganale unionale.

Di particolare importanza per le imprese unionali e italiane sono le opportunità date dalle free trade zone (FTZ), che permettono di assoggettare la merce ad uno specifico regime doganale (la zona franca) e all’interno delle quali società straniere possono intraprendere attività economiche a condizioni più vantaggiose.  Negli, ultimi anni, la Cina ha investito molto nella costituzione sul proprio territorio di FTZ – la prima delle quali è stata fondata a Shanghai (Shanghai Free Trade Zone) nel 2013 – al fine di dare impulso all’apertura del mercato nazionale a investitori esteri.

Imprese straniere, che normalmente non riuscirebbero a competere sul mercato cinese, possono decidere di stabilirsi all’interno di una FTZ: in tal modo, esse avrebbero la possibilità di produrre, stoccare e movimentare le merci, mantenendole prossime al mercato cinese e a quello del Far East, senza dover pagare dazi all’importazione, beneficiando di procedure doganali facilitate e di vantaggi economici, quali tassazione agevolata e costi del lavoro contenuti.

Analogamente all’Unione europea, anche la Cina ha concluso diversi accordi di libero scambio con Paesi terzi. Tra questi, i più importanti sono gli accordi con Australia, Corea, Svizzera e ASEAN (Brunei, Birmania, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Filippine, Singapore, Vietnam e Tailandia). È in corso di negoziazione, poi, un accordo regionale comprensivo tra gli Stati dell’ASEAN e i sei Paesi dell’Asia-Pacifico (Australia, Cina, India, Giappone, Corea del Sud e Nuova Zelanda) con cui l’ASEAN ha già concluso accordi bilaterali. La proposta di accordo prende il nome di Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) e potrebbe essere firmata entro la fine del 2019.

Seppur gli operatori unionali non possano beneficiare direttamente degli accordi di libero scambio conclusi dalla Cina, i prodotti importati in Cina dall’UE, se sottoposti a lavorazioni sufficienti (in Cina), potrebbero ottenere l’origine preferenziale Cina e godere di trattamento preferenziale all’importazione nei Paesi accordisti.

Infine, è opportuno segnalare che dal novembre 2015 è in vigore, tra UE e Cina, un accordo di mutuo riconoscimento (mutual recognition agreement – MRA) dei rispettivi programmi di compliance doganale e commerciale: l’AEO (Authorized Economic Operator), in UE, e il Measures on Classified Management of Enterprises (MCME), in Cina. Tale accordo garantisce agli operatori qualificati di godere, nell’altra parte, degli stessi benefici e dello stesso trattamento riservati agli operatori nazionali autorizzati/certificati: un AEO autorizzato in Italia godrà, in Cina, degli stessi vantaggi garantiti agli operatori cinesi che sono parte del programma MCME e viceversa.

 

Easyfrontier è a disposizione dei distributori per un eventuale supporto nell’ambito delle tematiche doganali.

 

Matilde Poidomani, R&D Easyfrontier
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Carmela Massaro
Responsabile relazioni esterne e rapporti istituzionali