È finita l’era del relationship lending?

L’importanza della valutazione del rischio di credito nella gestione dei flussi finanziari

  • 27 Maggio 2013
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  • È finita l’era del relationship lending?
    È finita l’era del relationship lending?

Come abbiamo avuto modo di evidenziare nel precedente articolo, situazioni “patologiche” sotto il profilo del credito possono recare grave pregiudizio agli interessi aziendali e vanno affrontate in un’ottica di gestione preventiva delle criticità: nel prossimo futuro, gli obiettivi di business saranno raggiungibili se la capacità di funding del management aziendale garantirà la quantità di credito necessaria, al giusto pricing e gestendo al meglio gli strumenti di Credit Risk Mitigation (garanzie).

In questo scenario, le imprese costrette a ricorrere all’indebitamento finanziario ovvero al sistema delle garanzie rilasciate da terzi, non possono permettersi di trascurare il funzionamento dei sistemi di valutazione del rischio di credito e di attribuzione del rating utilizzati da banche, società di factoring, leasing, finanziarie e consorzi di garanzia.

Dedicheremo ora la nostra attenzione alla nozione di “Rischio di Credito” e alle caratteristiche generali dei flussi informativi che caratterizzano le relazioni creditizie.

Il rischio di credito
Oggi più che mai l’attenzione degli intermediari finanziari è focalizzata sul Rischio di Credito che rappresenta, secondo la definizione di Andrea Sironi, rettore dell’Università Bocconi  “il rischio che una variazione inattesa del merito creditizio di una controparte nei confronti della quale esiste un’esposizione generi una corrispondente variazione inattesa del valore della posizione creditoria” [Andrea Resti (a cura di) (2001), Misurare e gestire il rischio di credito nelle banche, FITD, Roma]. Seguono le definizioni di alcune tipologie di Rischio di Credito:

Rischio di Insolvenza: “la possibilità che una controparte affidata, nei confronti della quale esiste un’esposizione creditizia, divenga insolvente” cioè non assolva i suoi obblighi di rimborso del capitale e di pagamento degli interessi, ovvero lo faccia solo parzialmente;

Rischio di Migrazione: “la possibilità di deterioramento del merito creditizio della controparte”;

Rischio di Esposizione: “la possibilità che la dimensione dell’esposizione nei confronti della controparte aumenti in modo inaspettato in corrispondenza del periodo appena antecedente il manifestarsi dell’insolvenza”;

Rischio di Diluizione: “la possibilità, nell’ambito dei crediti commerciali acquistati, che le somme dovute dal debitore ceduto si riducano per effetto di compensazioni o abbuoni derivanti da resi, controversie in materia di qualità del prodotto, sconti promozionali o di altro tipo”.

Questi elementi,  presenti nella formula che quantifica la Perdita Attesa  dall’intermediario finanziario a fronte dell’esposizione (Expected loss: EAD*PD*LGD dove EAD: EXPOSURE AT DEFAULT/esposizione al momento del default, PD: PROBABILITY OF DEFAULT/probabilità di default e LGD: LOSS GIVEN DEFAULT/tasso di perdita atteso in caso di default) informano ed indirizzano tutte le decisioni di finanziamento e contribuiscono a produrre il giudizio sintetico sul merito creditizio noto come rating.
Giova ricordare che ogni intermediario utilizza un proprio modello di valutazione del rischio di credito, molto spesso differenziato in funzione del portafoglio crediti a cui si riferisce (corporate, retail). Non esiste quindi un rating ma esistono più rating, assegnati all’azienda da ciascun intermediario con cui questa intrattiene rapporti di credito e/o di garanzia: questo spiega atteggiamenti diversi nelle pratiche di valutazione dei finanziamenti e differenze anche sensibili nelle condizioni  praticate dai vari intermediari finanziari (tassi di interesse, richiesta di garanzie, covenants).

La gestione delle c.d. “soft informations”
Le informazioni aziendali che alimentano i modelli IRB di valutazione del rischio di credito sono riconducibili a tre tipi: quantitativo, qualitativo, informazioni che caratterizzano l’andamento del rapporto (c.d. “dati andamentali”) e la posizione debitoria complessiva del debitore (Centrale Rischi).
La gestione delle relazioni con i clienti finalizzata all’acquisizione delle informazioni aziendali rilevanti non pubblicamente disponibili, che ha consentito sino ad oggi di finanziare le “imprese opache” (relationship lending), assorbe grandi quantità di tempo e di risorse. In aggiunta, nel contesto degli attuali sistemi regolamentari la gestione delle soft informations richiede alle banche assetti organizzativi e tecniche di prestito molto complesse e costose.
Per fronteggiare i crescenti costi della fase di screening e di monitoraggio del comportamento nel periodo successivo alla concessione del finanziamento, gli intermediari finanziari tendono ad automatizzare le procedure di analisi del rischio di credito, restringendosi sempre più gli spazi per interventi correttivi delle valutazioni qualitative sui risultati dei giudizi automatici (c.d. override).
In definitiva, la gestione di modelli completamente automatici per l’attribuzione del rating rappresenta la soluzione più semplice, rapida e meno costosa. Alcuni autori sostengono che il mercato del credito per le PMI possa venire a mancare in quanto l’incidenza degli oneri per la raccolta delle informazioni è divenuta eccessiva rispetto alla quantità degli impieghi.

Per i motivi sopra descritti ed in conseguenza dei processi di forte concentrazione in atto nel sistema bancario, è lecito aspettarsi un accentramento progressivo delle funzioni di Risk Management. Filiali e agenzie di zona si limiterebbero all’attività di raccolta dei dati (bilanci, documenti e atti formali) e di perfezionamento delle pratiche essendogli precluso un ruolo decisivo nella valutazione delle pratiche: già oggi capita che i funzionari periferici non siano in grado di motivare al cliente la ratio di delibera dei finanziamenti.

Per i motivi sopra esposti, una “buona relazione” con il direttore di filiale della banca non è più sufficiente a garantire all’azienda i flussi di credito necessari, né tantomeno le migliori condizioni del funding.

 

Gilberto Bronzini, Stefano Olgiati, Alessandro Danovi
Studio Danovi, Milano

 

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